E’ la rigenerazione urbana di vaste aree della città l’unica strada possibile per rendere Napoli più moderna e competitiva.
La pensa così il presidente dell’Acen, Francesco Tuccillo che punta il dito contro l’eccesso di burocrazia. “In questo senso – spiega -mentre la filosofia del Piano regolatore generale sembra andare incontro alle esigenze di rigenerazione e della riqualificazione della città, le norme attuative da una parte e la troppa la burocrazia dall’altro, ne frenano la completa realizzazione”. La Svimez fotografa un ulteriore gap tra le due parti dello Stivale: il Sud si spopola a vantaggio del Nord. Cosa spinge a fuggire dalle nostre città? In questo studio sul Sud la Svimez sottolinea una grande differenza, nei livelli di infrastrutturazione e di qualità dei territori meridionali rispetto a quelli del resto del Paese e questo differenziale, che si misura in termini di connettività territoriale e di qualità urbana, è uno dei principali fattori che frenano lo sviluppo del Mezzogiorno. Un’altra riflessione è doverosa quando si analizza il valore medio del rapporto spesa e fabbisogno standard: nel Centro-Nord è quasi doppio rispetto alle città del Sud. Ciò comporta una sottodotazione dei servizi rispetto ai livelli essenziali di prestazione garantiti dalla Costituzione. Ma ciò che mi ha colpito di più è un’altra valutazione. Quale? Napoli è l’unica grande città che non fa da “attrattore” di popolazione come avviene ovunque nel modo. E perché accade questo secondo lei? Tutto questo è frutto della politica urbanistica che ha voluto fortemente una diminuzione della densità abitativa. Ma a ciò si è aggiunta la grande crisi economica che stiamo vivendo e un tasso di disoccupazione che sfiora il 30 per cento. Di chi è la colpa? Numerose sono le responsabilità di amministratori e forze politiche. È indiscutibile, però, che agli esiti descritti abbiano concorso una molteplicità di soggetti economici, sociali, della cultura, dell’informazione: alcuni di essi hanno operato direttamente, trovandovi sufficienti interessi e tornaconto, altri assistendo passivamente, rinunciando a svolgere quel ruolo critico e autonomo necessario in tali contesti. Da questo contesto il settore delle costruzioni ne esce penalizzato? È molto difficile, in questa situazione, riconoscere un ruolo propulsivo e una forte spinta all’innovazione da parte della filiera delle costruzioni. In che modo la recente riforma delle province potrà incidere su questo stato di cose? La costituzione della città metropolitana può rappresentare (se correttamente vissuta e al netto di tante incertezze politiche, normative, procedurali) la svolta attesa, restituendo a Napoli la dimensione che le è propria, una città di poco più di 3 milioni di abitanti, con una quantità e varietà di asset difficilmente eguagliabile, e in tal modo un naturale destino di centro di rilevante valore nella nuova carta geopolitica continentale. E in attesa della realizzazione della città metropolitana? Nel frattempo Napoli ha la necessità di riaffermare una sua funzionalità quotidiana, una capacità di indirizzo e gestione dei processi ordinari sia in campo urbanistico che più in generale del funzionamento dei servizi. Ritengo che la diffusione di buone pratiche nella riqualificazione del patrimonio esistente, dentro un rinnovato partenariato pubblico-privato, e il rilancio della progettualità dentro nuove forme e strumenti di governance possono diventare gli ingredienti adatti in questo momento: la rigenerazione di Napoli può partire da qui per contribuire a leggere sotto una nuova luce la questione urbana meridionale e quella italiana.