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Pompeo Sarnelli, Guida de’ forestieri curiosi di vedere e d’intendere le cose più notabili della regal città di Napoli e del suo amenissimo distretto, ritrovata colla lettura de’ buoni scrittori, e colla propria diligenza, dell’abate Pompeo Sarnelli, Napoli, presso Giuseppe Rosselli, 1685, prima parte, pp. 32-35

(…) Il Castello dell’Uovo è così detto dalla sua figura, la quale è in forma ovale, sopra uno scoglio, in mezzo all’onde del mare, e vi si va dal continente per un ponte lungo 220 passi. Questo scoglio era anticamente unito col monticello a rincontro, detto Echia, da Ercole che vi dimorò. In questo luogo furono anticamente le Piscine di Lucullo, come riferisce il Falco, onde fu chiamato Lucullano, di cui Cicerone “Neapolitanum Luculli”, il cui palagio era nel Capo d’Echia. Questo Capo, per forse qualche terremoto diviso dal continente, restò isolato nel mare e vi si edificò sopra una fortezza detta, dall’antico habitatore, Castrum Lucullanum, così nominato nella Vita di san Severino abate. Ne fa anche menzione san Gregorio nel suo Registro in più luoghi, e particolarmente nel capitolo 23 del 1° libro e nel 40 del 2°. Fu anche chiamato Isola e Castello del Salvatore, come si legge nell’Ufficio di sant’Attanagio vescovo di Napoli. Questo castello, prima edificato da Lucullo per palagio, fu poi da’ re normanni costituito per rocca; per ultimo fortificato da don Giovanni di Zunica, che vi fe’ fare il ponte, siccome leggesi nell’iscrizione su la porta del castello, ch’è di questo tenore:

Philippus II. Rex Hispaniarum Pontem a continenti ad Lucullianas Arces, olim Austri fluctibus conquassatum, nunc saxeis obicibus restauravit, firmumque reddidit. D. Ioanne Zunica Prorege. Anno MD.LXXXXV.          

Su la sommità del monticello a rimpetto, detto Echia, hoggi Pizzofalcone, fu dalla providenza de’ signori viceré eretto un edificio in cui si destinò un corpo di guardia di più compagnie di soldati spagnuoli per presidio di questo luogo. Dopo, dal signor don Pietro d’Aragona, essendo viceré in questo Regno, fu ridotto il detto edificio a perfezione, e riuscito molto ragguardevole, essendo capace di 40 mila soldati. La prudentissima vigilanza del presente signor viceré don Gasparo di Aro ha ben munito il continente di fortissimi baluardi, ch’erano tutti così rovinati che appena se ne vedevano le vestigia; facendosi di presente un’amplissima scala per scendere dall’altezza del monte a’ mentovati fortini. Uno di questi baluardi racchiude l’antico Platamone, luogo che prese il nome da Battista Platamone, segretario del re Alfonso Primo, che hebbe quivi belle habitazioni e giardini; questo Platamone, detto dal volgo “Shiatamone”, è molto rinomato, e si giudica haver havuto tanto nome da’ bagni caldi che quivi erano, per cagion de’ quali era molto frequentato; e si stima che di questi parlasse Strabone nel fine del 5° libro, dicendo ch’erano in Napoli i bagni non meno salutiferi di quelli di Baja.

E, per far ritorno al Castel dell’Ovo, quivi dentro si veggono diverse celle e stanze dove per lungo tempo dimorò santa Patrizia, che quivi parimente morì. Vi sono molti pezzi d’artigliarie, distribuiti per varie parti. Èvvi parimente un buon presidio di soldati. Domina questa fortezza principalmente tutto quel seno di mare che si racchiude da Santa Lucia a Mergellina, come anche una buona parte del porto. (…).

 

 

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